Negli Stati Uniti si sta allungando la lista di negozi, boutique e catene di ogni settore merceologico che annunciano la chiusura a tempo indeterminato. Idem per Francia e Germania che solo ora iniziano ad introdurre misure più rigorose come la Spagna e, come ben sappiamo, l’Italia dove si permette l’apertura solamente di esercizi commerciali che rivendono beni considerati di prima necessità.
In Cina, dove il coronavirus ha colpito con circa 40 giorni in anticipo rispetto a noi, con le dovute precauzioni (mascherine per gli addetti e accessi ristretti in alcuni casi) i negozi e le catene stanno riaprendo, con code che si formano al di fuori dei locali.
Si parla di “Revenge spending“. Quasi come se, dopo il lungo astenersi dalla vita sociale e dal consumo, le persone sentissero una vera e propria necessità di rifarsi del tempo perduto e delle occasioni mancate. Questo a dimostrazione del fatto che questo periodo particolare non ha cancellato, almeno per quanto riguarda la Cina, il lato “materiale” dell’esistenza dell’essere umano.
Il quotidiano China Daily ha pubblicato un articolo con un titolo molto esaustivo che rende l’idea degli umori post-quarantena: “Recovery wish list being drawn up” ovvero “Si cominciano a scrivere le liste delle cose da fare per riprendersi“. Ai primi posti ci sono: andare al ristorante, viaggiare, festeggiare e fare shopping. E anche se stanno parlando di priorità della popolazione cinese a mio avviso ritengo che siano le stesse che potrebbe elencare ciascuno di noi, a seguito, prima su tutte, di quella di poter riabbracciare i nostri cari.