Nell’attuale contesto emergenziale, è fondamentale per le imprese comprendere appieno l’importanza di adeguare la propria attività (di qualunque settore si tratti) alle disposizioni di legge emanate in via eccezionale ed urgente dal Governo e dai correlati provvedimenti attuativi. L’ambito nel quale nelle ultime settimane si è registrato un massiccio intervento normativo di carattere emergenziale, è quello che attiene alla tutela della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro.
Per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, il Governo ha infatti emanato una serie di disposizioni finalizzate al contrasto e contenimento della diffusione del coronavirus, che vanno ad integrare gli obblighi di prevenzione e protezione dei lavoratori già previsti a carico dell’impresa dal Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro (d.lgs. n. 81/2008). Pare dunque utile riassumere sinteticamente i principali obblighi recentemente introdotti a carico delle imprese e valutare le implicazioni di una loro eventuale violazione, tenuto conto dell’assetto normativo in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
Misure previste per le attività commerciali
Il DCPM 11/3/2020, al fine di prevenire la diffusione del virus negli ambienti di lavoro, ha stabilito che sono sospese:
✖ le attività commerciali al dettaglio
✖ le attività dei servizi di ristorazione
✖ le attività inerenti i servizi alla personaSono invece consentite, a condizione che sia garantita la distanza di sicurezza interpersonale di 1 metro
✔ le attività di cui agli allegati 1 e 2 del DPCM
✔ le attività di ristorazione svolte con consegna a domicilio
✔ le attività di ristorazione nelle aree ferroviarie, stradali, aeroportuali, lacustri e negli ospedali
Misure previste per le attività produttive e professionali
Rimangono consentite:
✔ le attività professionali
✔ le attività bancarie, finanziarie e assicurative
✔ le attività del settore agricolo e zootecnico di trasformazione agroalimentare
✔ le attività produttive diverse da quelle espressamente sospeseMa a condizione che siano rispettate le seguenti raccomandazioni:
• massimo utilizzo del lavoro agile per le mansioni che possono essere svolte a distanza
• incentivazione di ferie e congedi
• sospensione dell’attività nei reparti aziendali non indispensabili alla produzione
• assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio e di dispositivi di protezione individuale laddove non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza di 1 metro.
• incentivazione delle operazioni di pulizia e sanificazione dei luoghi di lavoro
• limitazione degli spostamenti nei luoghi di lavoro e regolazione dell’accesso agli spazi comuni
Nell’ottica di tipizzare le regole comportamentali anti-contagio in relazione alle attività imprenditoriali che non sono state sospese, su invito della Presidenza del Consiglio dei Ministri il 14 marzo 2020 le parti sociali hanno sottoscritto un Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, pubblicato su https://www.frontedinamico.it/2020/03/14/covid-19-e-sicurezza-degli-ambienti-di-lavoro/ .
I contenuti del predetto Protocollo devono ritenersi strettamente vincolanti per tutte le imprese, essendo espressione del principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile” previsto a carico dell’impresa dall’art. 2087 del codice civile e “nuove” modalità attuative dell’obbligo di valutazione dei rischi aziendali gravante sul datore di lavoro ai sensi del d.lgs. 81/2008. In attuazione del citato Protocollo, a carico del datore di lavoro è dunque posto l’obbligo di adottare ed attuare efficacemente, all’interno della propria impresa:
- misure per l’informazione dei dipendenti
- misure per la pulizia dei luoghi di lavoro
- misure per la gestione degli spazi comuni
- misure per la gestione di una persona sintomatica
- misure per l’ingresso e l’uscita dall’azienda
- misure relative all’utilizzo di DPI
- misure relative all’organizzazione del lavoro
- misure per la sorveglianza sanitaria.
Dal 17 marzo 2020 Confindustria ha messo a disposizione sul proprio sito web, un modello di documento per il recepimento in azienda delle suindicate misure, reperibile all’URL https://www.confindustria.it/coronavirus/info e ulteriori informazioni e documenti utili per l’esecuzione delle attività previste dal Protocollo.
Cosa dovrà fare l’impresa
Alla luce dell’attuale assetto normativo, in definitiva, l’impresa dovrà, per mezzo delle funzioni aziendali preposte e con l’ausilio dei consulenti esterni di riferimento:
- rispettare le disposizioni generali previste dal DPCM 11/3/2020 che limitano l’esercizio delle attività d’impresa;
- procedere all’aggiornamento della valutazione del rischio biologico nell’ambiente di lavoro (e a tutte le attività conseguentemente necessarie) alla luce del “nuovo” rischio epidemiologico da Covid-19 (Titolo X del d.lgs. 81/2008)
- adottare le misure di prevenzione (regole di condotta) e le misure di protezione (dispositivi di protezione individuale e collettiva) previste dal Protocollo del 14/3/2020
Quali sono le possibili conseguenze della violazione della disciplina emergenziale?
Caso 1) Violazione delle disposizioni previste dal DPCM 11/3/2020
L’imprenditore che viola le regole generali previste dal decreto dell’ 11 marzo 2020, mantenendo aperti esercizi commerciali e ristorativi per cui è stata ordinata la sospensione totale dell’attività, o violando l’obbligo di garantire la distanza interpersonale minima di 1 mt all’interno degli ambienti di lavoro, può essere ritenuto responsabile del reato di “inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”.
L’art. 650 del codice penale dispone infatti che “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro”.
Caso 2) Violazione delle disposizioni del d.lgs. 81/2008 in tema di valutazione del rischio e omessa adozione delle misure previste dal Protocollo del 14/3/2020
Il datore di lavoro che omette di rinnovare la valutazione del rischio aziendale biologico in relazione all’emergenza epidemiologica da Covid-19 e di adottare le misure di prevenzione e protezione previste dal Protocollo del 14/3/2020 nonché quelle ulteriori rese eventualmente necessarie dalla specificità dell’attività svolta dall’impresa, nonché tempestive iniziative di formazione, informazione e addestramento dei lavoratori, può essere ritenuto responsabile dei reati propri di natura contravvenzionale previsti dal d.lgs. 81/2008.
Caso 3) Contagio di uno o più lavoratori sul luogo di lavoro, conseguente alla violazione delle disposizioni del d.lgs. 81/2008 oppure dell’omessa o insufficiente adozione delle misure previste dal Protocollo del 14/3/2020
L’art. 42 del Decreto Legge n. 18/2020 (c.d. Cura Italia) a qualificato esplicitamente, seppur a fini previdenziali, l’eventuale infezione da coronavirus contratta sul luogo di lavoro, come “infortunio sul lavoro”.
Ciò significa che la prevenzione dei contagi dei lavoratori negli ambienti di lavoro è entrata a pieno diritto tra gli obblighi giuridici che l’ordinamento pone a carico del datore di lavoro.
Di conseguenza, qualora ometta di adempiere in modo concreto ed effettivo agli obblighi di legge sin qui riassunti e a causa di tale inadempienza si verifichi il contagio di uno o più lavoratori, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile del reato di aggravate ai danni dei lavoratori contagiati. Nei casi più gravi di decesso causato da Covid-19 contratto sul luogo di lavoro, il datore potrà essere chiamato a rispondere del reato di omicidio colposo aggravato.
A rispondere delle conseguenze del contagio da coronavirus potrebbe non essere soltanto il datore di lavoro persona fisica, ma anche autonomamente l’impresa (non importa se organizzata in forma individuale o societaria). Il d.lgs. 231/2001, che disciplina la responsabilità da reato delle persone giuridiche, prevede infatti gravi sanzioni direttamente a carico dell’ente, qualora le violazioni di cui sopra siano commesse nell’interesse o a vantaggio dell’attività d’impresa.
Art. 589 c.p. (omicidio colposo)
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. … Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.Art. 590 c.p. (lesioni colpose)
Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire duecentomila. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire ottantamila a quattrocentomila; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire duecentomila a ottocentomila. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.… Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.
Occorre pertanto che l’impresa valuti in modo puntuale e approfondito, con i propri consulenti di riferimento, l’adozione delle opportune iniziative per mitigare il “rischio penale” derivante dall’omesso o inadeguato adempimento degli obblighi previsti dal Testo Unico della Sicurezza o delle disposizioni e norme tecniche di recente emanazione.