In questi giorni difficili è piuttosto complicato districarsi nel groviglio di regole che si susseguono a distanza ravvicinata e che provengono da fonti diverse (Stato, Regioni, ecc..). Talvolta la proliferazione normativa può mettere in difficoltà i destinatari delle prescrizioni. È ciò che sta accadendo con i liberi professionisti, a seguito della sovrapposizione del D.P.C.M. 22 marzo 2020 rispetto alle ordinanze adottate, soltanto il giorno prima, dai Governatori di Piemonte e Lombardia.
Se da un lato il Piemonte aveva inizialmente disposto la chiusura degli studi professionali (pur con qualche deroga ed escludendo quelli medici e/o sanitari e di psicologia), il Governo ne aveva invece consentito l’apertura (col rispetto di alcune cautele). Molti, noi inclusi, si sono chiesti quale delle due norme dovesse prevalere: quella regionale, che vorrebbe gli studi chiusi, o quella statale, che li lascia aperti?
A tutt’oggi non si è ancora giunti ad una risposta univoca e anche gli esperti sono divisi.
Chi ritiene prevalente la norma statale lo fa in ragione di quanto previsto dall’art. 3 del D.L. 6/2020, che riconosce la validità delle ordinanze regionali limitatamente al periodo in cui la questione non sia disciplinata da una norma nazionale. Altri studiosi ritengono, invece, prevalenti le disposizioni regionali più restrittive, richiamando il principio di sussidiarietà stabilito dal Titolo V della Costituzione in materia di Sanità, per cui le Regioni possono intervenire a completare sul proprio territorio le disposizioni dello Stato.
È in quest’ultima direzione che sono orientati i Presidenti del Piemonte e della Lombardia e proprio il Governatore Fontana ha chiesto un parere definitivo al Viminale. In attesa della soluzione del problema sono stati pubblicati dei chiarimenti, sia dalla Regione Piemonte, sia dal Governo.
Di seguito potete trovare il link ai documenti, da cui si può ricavare qualche indicazione utile per capire come e quando i professionisti possano recarsi nei rispettivi uffici.