Nell’attuale contesto emergenziale, è fondamentale per le imprese comprendere appieno l’importanza di adeguare la propria attività – di qualunque settore si tratti – alle disposizioni di legge emanate in via eccezionale ed urgente dal Governo e dai correlati provvedimenti attuativi. L’ambito nel quale nelle ultime settimane si è registrato un massiccio intervento normativo di carattere emergenziale, è quello che attiene alla tutela della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro.
Per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, il Governo ha infatti emanato una serie di disposizioni finalizzate al contrasto e contenimento della diffusione del coronavirus, che vanno ad integrare gli obblighi di prevenzione e protezione dei lavoratori già previsti a carico dell’impresa dal Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro (d.lgs. n. 81/2008).
Pare dunque utile riassumere sinteticamente i principali obblighi recentemente introdotti a carico delle imprese e valutare le implicazioni di una loro eventuale violazione, tenuto conto dell’assetto normativo in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
Nell’ottica di tipizzare le regole comportamentali anti-contagio in relazione alle attività imprenditoriali che alla data odierna non risultano sospese, su invito della Presidenza del Consiglio dei Ministri il 14 marzo 2020 le parti sociali hanno sottoscritto un Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, pubblicato su https://www.frontedinamico.it/2020/03/14/covid-19-e-sicurezza-degli-ambienti-di-lavoro/ .
I contenuti del predetto Protocollo devono ritenersi strettamente vincolanti, essendo espressione del principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile” previsto a carico dell’impresa dall’art. 2087 del codice civile e “nuove” modalità attuative dell’obbligo di valutazione dei rischi aziendali gravante sul datore di lavoro ai sensi del d.lgs. 81/2008. In attuazione del citato Protocollo, a carico del datore di lavoro è dunque posto l’obbligo di adottare ed attuare efficacemente:
- misure per l’informazione dei dipendenti
- misure per la pulizia dei luoghi di lavoro
- misure per la gestione degli spazi comuni
- misure per la gestione di una persona sintomatica
- misure per l’ingresso e l’uscita dall’azienda
- misure relative all’utilizzo di DPI
- misure relative all’organizzazione del lavoro
- misure per la sorveglianza sanitaria
Alla luce dell’attuale assetto normativo, in definitiva, l’impresa dovrà, per mezzo delle funzioni aziendali preposte e con l’ausilio dei consulenti esterni di riferimento:
- rispettare le disposizioni e misure previste dalla decretazione d’urgenza, che limitano l’esercizio delle attività d’impresa
- procedere all’aggiornamento della valutazione del rischio biologico nell’ambiente di lavoro (e a tutte le attività conseguentemente necessarie) alla luce del “nuovo” rischio epidemiologico da Covid-19 (Titolo X del d.lgs. 81/2008)
- adottare le misure di prevenzione (regole di condotta) e le misure di protezione (dispositivi di protezione individuale e collettiva) previste dal Protocollo
Quali sono le possibili conseguenze della violazione della disciplina emergenziale?
L’imprenditore che viola le regole generali previste dai decreti legge e dai decreti della presidenza del consiglio dei ministri emanati in questo contesto emergenziale, mantenendo aperti esercizi per cui è stata ordinata la sospensione totale dell’attività, o violando l’obbligo di garantire la distanza interpersonale minima di 1 mt all’interno degli ambienti di lavoro, può essere ritenuto responsabile del reato previsto dal nuovo art. 4 D.L. n. 19/2020, che prevede:
- in caso di mancato rispetto delle misure di contenimento del Covid-19, una sanzione amministrativa da euro 400 a euro 3.000 (e non invece il reato di cui all’art. 650 c.p.), aumentabile fino a 1/3 in caso di violazione commessa con l’uso di un veicolo;
- se la violazione riguarda attività industriali, produttive, commerciali, è previsa la sanzione accessoria della chiusura dell’attività da 5 a 30 giorni, con possibilità di aumento in caso di reiterazione delle violazioni;
- la violazione delle disposizioni di isolamento di persona fisica positiva al Covid-19 è punita ai sensi dell’art. 260 Testo Unico delle Legge Sanitaria con l’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5000 euro;
- se la violazione delle disposizioni di isolamento provoca un contagio di terze persone, si applica l’art. 452 c.p. (epidemia colposa) che prevede la reclusione da 1 a 5 anni.
Il datore di lavoro che omette di rinnovare la valutazione del rischio aziendale biologico in relazione all’emergenza epidemiologica da Covid-19 e di adottare le misure di prevenzione e protezione previste dal Protocollo del 14/3/2020 nonché quelle ulteriori rese eventualmente necessarie dalla specificità dell’attività svolta dall’impresa, nonché tempestive iniziative di formazione, informazione e addestramento dei lavoratori, può essere ritenuto responsabile dei reati propri di natura contravvenzionale previsti dal d.lgs. 81/2008.
L’art. 42 del Decreto Legge n. 18/2020 (c.d. Cura Italia) a qualificato esplicitamente, seppur a fini previdenziali, l’eventuale infezione da coronavirus contratta sul luogo di lavoro, come “infortunio sul lavoro”. Ciò significa che la prevenzione dei contagi dei lavoratori negli ambienti di lavoro è entrata a pieno diritto tra gli obblighi giuridici che l’ordinamento pone a carico del datore di lavoro.
Di conseguenza, qualora ometta di adempiere in modo concreto ed effettivo agli obblighi di legge sin qui riassunti e a causa di tale inadempienza si verifichi il contagio di uno o più lavoratori, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose aggravate (art. 590 c.p., reclusione da 6 mesi a 3 anni) ai danni dei lavoratori contagiati.
Nei casi più gravi di decesso causato da Covid-19 contratto sul luogo di lavoro, il datore potrà essere chiamato a rispondere del reato di omicidio colposo aggravato (art. 589 c.p., reclusione da 2 a 7 anni). Infine, se si consente a un lavoratore risultato positivo al Covid-19 di recarsi sul luogo di lavoro e prestare la propria attività, e da tale condotta deriva il contagio di più persone, il datore di lavoro potrebbe essere ritenuto corresponsabile col lavoratore del delitto di epidemia colposa di cui all’art. 452 c.p., punito con la reclusione da 1 a 5 anni.
A rispondere delle conseguenze del contagio da coronavirus potrebbe non essere soltanto il datore di lavoro persona fisica, ma anche autonomamente l’impresa (non importa se organizzata in forma individuale o societaria). Il d.lgs. 231/2001, che disciplina la responsabilità da reato delle persone giuridiche, prevede infatti gravi sanzioni direttamente a carico dell’ente, qualora le violazioni di cui sopra siano commesse nell’interesse o a vantaggio dell’attività d’impresa.
Occorre pertanto che l’impresa valuti in modo puntuale e approfondito, con i propri consulenti di riferimento, l’adozione delle opportune iniziative per mitigare il “rischio penale” derivante dall’omesso o inadeguato adempimento degli obblighi previsti dal Testo Unico della Sicurezza o delle disposizioni e norme tecniche di recente emanazione.