Il lavoro a distanza può creare problemi e tensioni. È importante che i responsabili dell’ufficio risorse umane stiano a fianco dei collaboratori in smart working ed è essenziale gestire ogni tensione e problema legato al rapporto tra smart working e Covid19. Le cose sono in continuo mutamento e ci si deve adeguare prontamente e in maniera resiliente, per poter lavorare in sicurezza. Da qualche settimana dall’inizio dell’emergenza gli scenari lavorativi sono ad oggi profondamente mutati, così come la percezione comune dell’emergenza. Il datore di lavoro, per far sì che i suoi dipendenti lavorino con la sicurezza mentale e non con la paura, deve vagliare le migliori possibilità.
I lavoratori infatti sono spaventati da tanti fattori. Primariamente c’è la paura, per chi lavora in azienda, di non essere abbastanza “protetto” o di essere esposti a rischi, ma sono presenti anche i disagi legati all’isolamento di chi lavora da casa. Si reputa importante quindi che il datore e gli addetti alle risorse umane motivino le scelte aziendali adottate: non è infatti sufficiente comunicare una scelta, come quella di lavorare da casa o rimanere in ufficio, ma è necessario dettagliare tale decisione. In relazione alle direttive ministeriali e ai decreti si può lavorare solo in determinate condizioni e tali devono essere rispettate per la salvaguardia, anche psicologica, dei dipendenti.
Ora più che mai è importante rassicurare i lavoratori, spiegare le disposizioni di legge e garantire ovviamente, non solo a parole, ma nei fatti, le condizioni di sicurezza. In questo momento la comunicazione deve essere curata per essere assertiva e allo stesso tempo empatica.
Non da sottovalutare poi il rischio di discussione tra colleghi, connesso allo smartworking. Una modalità organizzativa che rischia di far saltare conflitti interni, già latenti prima della crisi, siccome in questo momento di presenta una situazione in cui molti si sentono tesi, preoccupati e insicuri. Già la comunicazione vis a vis porta fraintendimenti, gli scambi via mail, rispetto a quelli verbali, generano ancora più bug: se in azienda un piccolo scontro intercorso “a distanza” può essere chiarito verbalmente facendo due parole con il collega dell’ufficio vicino o magari con un incontro alla macchinetta del caffè, ora le modalità sono cambiate.
La distanza può acuire i conflitti: anche in questo caso va curata la comunicazione interna, cercando modalità e canali per coltivare e tenere vive le relazioni. L’ufficio relazioni umane dovrebbe adoperarsi in questo tempo di crisi con proposte e un sostegno a distanza dei propri dipendenti. Alcuni stimoli potrebbero essere: chat aziendale per scambiare idee su come investire il tempo libero a casa, video contest, una newsletter interna dedicata alla situazione, l’attivazione di videoconferenze cadenzate con i singoli uffici. Sono tante le soluzioni per favorire il clima aziendale, contribuire a spezzare l’isolamento e far sentire i lavoratori ancora parte di una squadra.
In una situazione emergenziale di questo tipo, l’attivazione di un percorso dedicato per la gestione dei conflitti può inoltre rivelarsi molto utile, ad esempio dando la possibilità ai propri dipendenti di parlare con uno psicologo per alleggerire il carico emotivo della situazione attuale (rigorosamente in videoseduta).
Infine vanno considerati, quando si parla di smart working, tutti i conflitti legati alla gestione del tempo e degli spazi casa-famiglia, per evitare sovrapposizioni che finiscono per incidere sul benessere e anche sulla produttività. La mancanza di differenziazione dei tempi, la mancanza di spazi adeguati, l’impossibilità di staccare quando si arriva a casa, poiché già si è a casa. lo smartworking, dunque, non è né buono né cattivo: quello che si fa oggi è un telelavoro in emergenza, e non è un’opzione ma un obbligo, e serve per tenere in piedi l’Italia. Quando finirà l’incubo coronavirus e sarà ripristinata la normalità, si cercherà di negoziare al meglio questa modalità, a livello individuale, aziendale e nei contratti collettivi. Possibilmente senza fare differenze di sesso e condizione familiare.