Nessuno vorrebbe affrontare dei momenti no, ma essere felici sempre non si può, e in qualche modo dallo sconforto bisogna uscire. La tristezza fa parte delle emozioni umane, e, come emozione umana, dobbiamo provarla e passarci attraverso: è naturale.
Siamo fatti anche per essere tristi. I brutti momenti vanno ricordati, assimilati e interiorizzati. Le emozioni negative, dunque, ci rendono reattivi nelle situazioni complesse. Ci aiutano, inoltre, a manifestare il nostro disagio agli altri: spinti da esse, siamo portati a comunicare e a chiedere aiuto.
Di riflesso, le emozioni negative fanno nascere negli altri (almeno, nelle persone “giuste”) il desiderio di aiutarci, e dunque, alla fine, si tratta di una cosa semplice: sopravvivenza della specie.
In alcune persone, questo tipo di emozioni permette di pensare in maniera più lucida: a differenza della felicità, che esalta e “confonde”, la tristezza ci mette in uno stato di riflessione, che può aiutarci a cambiare punto di vista, ad ampliare la visione, a essere anche più creativi.
Diventiamo più attenti, e la nostra memoria si fa più acuta: infatti, se un cliente entra in negozio e rimane deluso dall’acquisto, ricorderà (purtroppo) tutti i dettagli di quel momento (e del negozio). Perché, secondo alcuni studi, la negatività accresce la memoria visiva e riduce le distrazioni.
Prendiamo il meglio di questo processo, e usiamolo per analizzare quello che stiamo facendo o dovremo fare. Non ci dimenticheremo questi mesi tanto facilmente: tanto vale ricordarci qualcosa che ci tornerà utile!
Fonti: BBC, Psicology Today, Daniel Goleman e l’intelligenza emotiva.